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Il termine per riassumere decorre dalla sentenza di fallimento

Una recente ordinanza del Tribunale di Mantova (Presidente Villani – Relatore Gibelli 2 ottobre 2012) ha affrontato un tema importante che genera spesso incertezza: il termine di riassunzione del processo interrotto (ex art. 43 L.F.) dall’intervenuto fallimento di una parte.

Come noto, l’art. 43 L.F. ha stabilito che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo” comporta l’interruzione di diritto del processo. Il processo deve essere proseguito ai sensi dell’art. 302 c.p.c. con costituzione in udienza oppure riassunto con ricorso ai sensi dell’art. 303 c.p.c. .

A generare incertezza, sono le technicalities di come debba essere computato il dies a quo: un errato computo, infatti, comporta l’estinzione del processo. Alcune pronunce hanno ritenuto che il termine decorra dal giorno in cui il Giudice dichiara con ordinanza l’intervenuta interruzione del processo in presenza della parte interessata alla riassunzione ovvero dal giorno in cui fosse assicurata la conoscenza legale dell’intervenuto fallimento.

Il Tribunale di Mantova specifica che il giorno da cui decorre il termine trimestrale per riassumere il processo deve considerarsi quello della pubblicazione della sentenza di fallimento (si era pronunciato in modo analogo il Tribunale di Roma con sentenza n. 4978 dell’8 marzo 2011).

La pronuncia si fonda su ragioni di carattere sistematico, ma certo complica la vita del Curatore che, proprio nei primi mesi della procedura, è oberato da una serie di compiti ai quali deve aggiungere necessariamente anche la decisione in merito alla convenienza della continuazione o meno dei giudizi in corso.

Il rischio più grosso è che il Curatore non sia a conoscenza della pendenza e, pertanto, non sia in grado di esercitare tempestivamente il diritto di riassunzione. Non ovvia a questo grave inconveniente la possibilità di essere rimesso in termini, poichè la remissione in termini presuppone pur sempre la prova della mancanza di colpa che non è detto che sia un onere facilmente  superabile.