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IL NUOVO APPRENDISTATO

Con legge di conversione n.78/14, il parlamento ha convertito in legge il D.L. 34/14 recante “disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese” (forse un po’ enfaticamente) denominato jobs act.

Il legislatore ha, pertanto, operato l’ennesima estesa riforma del contratto di lavoro di apprendistato. L’ambizione è stata quella di procedere con una ulteriore semplificazione della disciplina e, almeno con riferimento all’apprendistato di primo livello, con una agevolazione retributiva che dovrebbe consentire un più esteso utilizzo della tipologia contrattuale. In quest’articolo, analizziamo l’articolato normativo cercando di sintetizzare i tratti più salienti della riforma e l’impatto della stessa sull’istituto dell’apprendistato che viene confermato, nelle intenzioni del governo, come lo strumento principe per l’ingresso nel mercato del lavoro.

TRE FORME DI APPRENDISTATO

l’impostazione generale rimane ancorata alla previsione di tre diverse forme di apprendistato.

  1. L’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale previsto per i soggetti che abbiano compiuto 15 anni e fino al compimento del 25º anno di età.
  2.  L’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere, che è l’istituto di maggiore diffusione, previsto per i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni o, in caso il lavoratore sia in possesso di una qualifica professionale, il contratto di mestiere può essere stipulato a partire dal 17º anno di età.
  3. L’apprendistato di alta formazione e di ricerca pensato per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, di titoli di studio universitari e dell’alta formazione compresi i dottorati di ricerca nonché per il praticantato per l’accesso alle professioni ordine mistiche ed è aperto ai soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni.

È stata conservata la previsione della possibilità di assumere in apprendistato i lavoratori in mobilità ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale. In tali ipotesi in deroga alla disciplina generale dell’apprendistato rimangono applicabili, in materia di licenziamenti individuali, le norme di cui alla legge se 104 del 1966

IL CONTRATTO: ASPETTI GENERALI

Da un punto di vista formale si è mantenuta l’esigenza di individuare contestualmente al contratto scritto un piano formativo individuale che però può avere forma sintetica. Deve rivestire forma scritta anche il patto di prova.  Si deve ritenere, tuttavia, che la forma scritta non sia un requisito di validità sostanziale (ad substantiam) ma sia unicamente necessaria ai fini della prova della natura del contratto (ad probationem). Milita in tal senso sia la mancata previsione esplicita della sanzione della nullità, sia la previsione di una sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto della prova scritta (Art. 7 c. 2 D.Lgs. 167/11).

Il tentativo di rendere più flessibile la definizione del piano formativo e di eliminare i requisiti di stabilizzazione è stato oggetto di una rimeditazione in sede di conversione del decreto che ha confermato sia l’obbligatorietà di un piano formativo scritto contestuale al contratto (seppure in forma sintetica) sia l’onere di stabilizzazione per i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti e nella percentuale del 20%.

 La norma chiarisce, superando ogni dibattito dottrinale in materia ed in linea con l’interpello del Ministero del lavoro n. 79 del 12 novembre 2009, che il contratto di apprendistato è un contratto a tempo indeterminato. Viene ribadita pertanto la natura mista della causa del contratto in cui, oltre ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, vi è una componente formativa che ha un termine temporale. La contrattazione collettiva dovrà attenersi al principio secondo il quale la componente formativa del contratto non potrà essere inferiore a sei mesi. È prevista altresì la facoltà per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che abbiano definito un sistema di alternanza scuola lavoro che i contratti collettivi prevedano l’utilizzo del contratto di apprendistato anche a tempo determinato. In via generale i datori di lavoro che svolgono la propria attività secondo cicli stagionali hanno la facoltà di avvalersi della disciplina relativa al contratto a tempo determinato secondo quanto previsto dai contratti collettivi in materia. I contratti collettivi potranno stabilire la durata, anche minima, del contratto che, nell’apprendistato professionalizzante, per la sua componente formativa non potrà essere superiore a tre anni nella generalità dei casi e a cinque anni per quei profili professionali che sono individuati dalla dalla contrattazione di riferimento e relativi alla attività artigianali. Il decreto legislativo prevede un tetto di tre anni per l’apprendistato qualificante che può essere esteso a quattro anni nel caso il contratto prevede il raggiungimento dica un diploma regionale quadriennale. Mentre, correttamente, non è previsto alcun tetto di durata massima per il contratto di ricerca e alta formazione.

Nel corso del contratto vige il divieto per le parti di recedere durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento privo di giustificazione, Trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente.

IL CONTENUTO FORMATIVO

Il contenuto formativo del contratto muta a seconda della tipologia di apprendistato scelto. Nella tipologia più comune il contratto di mestiere il percorso formativo tende a garantire il conseguimento di una qualifica professionale. La conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonoma di Trento e Bolzano dovrà individuare alcune linee guida in vista di una disciplina più uniforme sull’intero territorio nazionale dell’offerta formativa pubblica (art. 2 L. 99/13). In assenza di un tale provvedimento, è previsto che (a) il piano formativo individuale sia obbligatorio esclusivamente in relazione alla formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico professionali e specialistiche; (b) la registrazione della formazione sia effettuata in un documento avente i contenuti minimi del modello di libretto formativo del cittadino di cui al decreto ministeriale 10 ottobre 2005; (c) in caso di imprese che operano su diverse regioni, la formazione avviene nel rispetto della disciplina della regione dove l’impresa ha la propria sede legale. Rimane di competenza dei contratti collettivi nazionali e della disciplina regionale di settore la definizione delle modalità con cui il datore di lavoro può erogare la formazione interna.

Con riferimento, invece, all’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, al fine di favorire il ricorso allo strumento contrattuale, il decreto-legge convertito ha previsto che fatta salva l’autonomia della contrattazione collettiva, al lavoratore sia riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.Le ore di formazione dovranno essere retribuite nella misura del 35%.

E’ previsto, che la regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica che, nella sua componente trasversale, rimane almeno formalmente obbligatoria ed è subordinata alla effettiva proposta da parte degli organi regionali.

AGEVOLAZIONI RETRIBUTIVE E CONTRIBUTIVE

Il legislatore ha confermato le tecniche di agevolazione retributiva utilizzata in passato. Pertanto, i contratti collettivi potranno prevedere sia l’istituto del sotto inquadramento sia quello del pagamento percentualmente inferiore (percentualizzazione). È stata confermato il divieto di pagamento a cottimo che viene ritenuto ontologicamente incompatibile con un contratto ad alto contenuto formativo, anche nella forma del cottimo misto, mentre sono consentite forme di incentivazione legate alla produttività aziendale (sul punto il Ministero del Lavoro aveva chiarito con riferimento all’utile di cottimo che sono compatibili con l’apprendistato forme di retribuzione che siano sganciate dal risultato produttivo del lavoratore Min.Lavoro Interpello 13/2007).

La contribuzione a carico del datore di lavoro per i lavoratori assunti con il contratto di apprendistato e individuata in una aliquota del 10% da calcolare sul imponibile previdenziale. Inoltre è previsto che, a seguito dell’introduzione dell’ASPI, anche gli apprendisti saranno soggetti alla disciplina e alla relativa contribuzione dell’1,61%. L’agevolazione contributiva perdura anche nell’anno successivo alla conferma del lavoratore. La disciplina è ancora più favorevole per i datori di lavoro che hanno le proprie dipendenze fino a nove addetti. In tale ipotesi la contribuzione è pari all’1,50% del primo anno di contratto al 3% per il secondo anno di contratto e al 10% per gli anni di contratto successivi al primo.

Vanno inoltre per ricordarti due discipline di particolare favore. L’articolo 22 della legge 183 del 2011 ha previsto infatti un incentivo particolare e il totale sgravio contributivo per i contratti di apprendistato stipulati dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre 2016 e solo per i datori di lavoro che occupano un numero di addetti inferiore a nove. Inoltre vanno ricordati gli incentivi della legge 92/2012, che prevede nei casi di assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità oltre a una contribuzione agevolata e pari al 10% dell’imponibile previdenziale anche un contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore assunto.

LA SOMMINISTRAZIONE DI MANODOPERA IN APPRENDISTATO

È possibile assumere con contratto di apprendistato anche attraverso la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Le imprese utilizzatrici potranno impiegare il personale apprendista in qualsiasi area aziendale, senza incorrere nei limiti quantitativi e al di là dei limiti settoriali che vincolano l’istituto della somministrazione di manodopera.