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Responsabilità del datore di lavoro per i danni da fumo passivo.

 

Il datore di lavoro deve garantire ai dipendenti un salubre ambiente di lavoro, adottando misure sanzionatorie dirette ad arginare e prevenire il verificarsi di danni alla salute dei dipendenti, cagionati dal fumo passivo dei colleghi.

Tale principio è stato affermato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Cass. Civ. Sez. lavoro del 03.03.2016, n. 4211, che pronunciandosi su un’annosa vicenda che vedeva contrapposti una lavoratrice, ormai in pensione, e l’emittente radiotelevisiva RAI ha riconosciuto la responsabilità contrattuale dell’emittente per non aver adottato misure idonee a prevenire la nocività dell’ambiente lavorativo, trasgredendo agli obblighi imposti dall’art 1218 c.c.

Nel dettaglio, l’espletamento di una CTU medico–legale nel corso del giudizio di merito aveva permesso di accertare e quantificare i danni subiti della giornalista (danno biologico e morale ragguagliati nella misura del 15%) e il nesso eziologico che legava tali pregiudizi all’esposizione al fumo passivo dei colleghi, protrattasi per tutta la durata del rapporto di lavoro.

In virtù di tali circostanze, la Corte d’Appello di Roma aveva riconosciuto il diritto della giornalista al risarcimento del danno subito; disattendendo le argomentazioni adottate dalla difesa dalla RAI, secondo le quali nessuna responsabilità per il danno subito era ascrivibile all’emittente, poiché la stessa aveva emanato specifiche circolari e direttive indirizzate ai dipendenti, che imponevano specifici divieti di fumare nell’ambiente di lavoro.

La giornalista, tuttavia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso il punto della sentenza di secondo grado che aveva escluso la violazione dell’art 2103 c.c. Nell’ambito di tale giudizio ha proposto ricorso incidentale la RAI, assumendo, in relazione all’art 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art 2087 c.c. per aver riconosciuto la responsabilità dell’emittente per “fumo passivo”.

La Corte di Cassazione, nel motivare la statuizione in esame, ha stabilito che il contratto di lavoro concluso tra il datore di lavoro e il dipendente pone a carico del primo l’obbligo di adottare le misure che si rendono necessarie a salvaguardare l’integrità fisica e la salute dei dipendenti, ai sensi dell’art 2087 c.c. Il datore di lavoro deve quindi adottare sanzioni disciplinari dirette ai dipendenti trasgressori del divieto di fumare nei locali di lavoro, in quanto misure idonee a contrastare i rischi da esposizione al fumo passivo. L’emanazione di circolari e direttive non rafforzate da effettive sanzioni non è sufficiente ad escludere la responsabilità del datore di lavoro per i danni cagionati ai dipendenti dal fumo passivo dei colleghi (c.d. approccio persuasivo e non repressivo). I Giudici di Piazza Cavour, in applicazione di detti principi, hanno rigettato il ricorso incidentale proposto dalla RAI, sottolineando che gli avvertimenti formulati dall’emittente con le direttive indirizzate ai lavoratori erano rimasti inattuati in quanto la RAI non aveva fornito prova di aver inflitto sanzioni ai dipendenti. Per tali motivi, la Corte ha ritenuto che la RAI non avesse adottato misure efficaci a contrastare i rischi derivati dall’esposizione al fumo passivo. Di conseguenza, l’emittente non aveva fornito la prova liberatoria richiesta per escludere la responsabilità contrattuale del datore di lavoro, ai sensi dell’art 1218 c.c.