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IRAP: un solo dipendente non fa organizzazione

Cass. Civ. n. 9451/2016

Con la sentenza n. 9451/2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d.lg. 15 settembre 1997, n. 496 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in nudo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

Pur ribadendo i principi già enunciati nella sentenza n. 3676 del 2007 (che, con alcune pronunce coeve, rappresenta il punto di approdo dell’elaborazione giurisprudenziale di legittimità in tema di IRAP),le Sezioni Unite hanno ritenuto necessario fare alcune precisazioni relative al “fattore lavoro“.

Come noto, l’art. 2 d.lgs n. 446/97 indica, quale presupposto dell’IRAP, l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata tesa alla produzione o allo scambio di beni o servizi e, nel caso di attività professionale, l’orientamento giurisprudenziale prevalente (di cui la sentenza del 2007 sopra richiamata costituisce espressione) era nel senso di ravvisare il requisito dell’autonoma organizzazione tutte le volte in cui il professionista sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione senza essere inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse (e) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo il “id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui indipendentemente dall’attitudine del lavoro altrui a potenziare l’attività produttiva del contribuente

La presenza anche di un solo dipendente, anche se part time ovvero adibito a mansioni generiche, comportava pertanto l’assoggettamento automatico all’imposta.

Con questa Pronuncia, le Sezioni Unite precisano invece che l’impiego di un solo dipendente non può determinare di per sé l’applicabilità dell’imposta.

Perché il lavoro (di un collaboratore non occasionale) rilevi ai fini IRAP è infatti necessario che lo stesso concorra o si combini con la specifica attività esercitata dal contribuente in modo da fornire un “qualcosa in più” che ne potenzi in effetti le possibilità.

Ciò -osserva la Corte- non si verifica certo quando il lavoro altrui si traduce nell’espletamento di mansioni di segreteria o mansioni generiche o meramente esecutive che, come tali, recano un apporto del tutto mediato o generico.

Lo stesso limite individuato in relazione ai beni strumentali (che non devono eccedere, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività) non può dunque che valere, coerentemente, anche per il fattore lavoro, “la cui soglia minimale si arresta (allora) all’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive

Con queste argomentazioni, le Sezioni Unite hanno respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettandone l’appello, aveva riconosciuto a un avvocato il rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2000-2004, ritenendo l’impiego di un solo lavoratore dipendente con mansioni di segretario (e di beni strumentali minimi) insufficiente a configurare l’autonoma organizzazione di cui all’art. 2 d.lgs n. 446/97.