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l’Erario può sottoporre ad accertamento quelle operazioni che, in assenza di valida ragione economica, sono utilizzate al fine esclusivo di ottenere un risparmio di imposta. Tale potere discende dalla possibilità di avvalersi della norma anti-elusiva di cui all’art 37 bis DPR 600/73. Per applicare tale norma, l’amministrazione deve essere in grado di dimostrare sia l’assenza di una valida ragione economica che l’esistenza di un significativo risparmio di imposta. 

La Cassazione ha precisato che tale supporto probatorio non deve sussistere nel caso in cui l’Amministrazione intenda sottoporre ad accertamento i rapporti economici esistenti nell’ambito dello stesso gruppo. Gli ermellini infatti affermano che l’unico onere probatorio in capo all’amministrazione è l’applicazione di un prezzo diverso dal valore normale (Cass. civ., Sez. V, Ord., 18/01/2022, n. 1374). Infatti, ai sensi dell’art. 110 co. 7 DPR 917/86 “i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili”.

I gruppi che operano in più giurisdizioni devono pertanto prestare particolare attenzione ad applicare correttamente le linee guida previste dalla norma sull’applicazione dei prezzi di trasferimento.  La giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che “tali linee guida, nel prendere in considerazione i diversi metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, e specificamente i sei metodi più diffusi, nella prospettiva d’individuare, di volta in volta, il metodo più appropriato in relazione al caso particolare, rappresentano un vero e proprio parametro regolatorio che, alla stregua di altri analoghi strumenti internazionali, se non considerato o male applicato dal giudice tributario, può determinare, nella fattispecie concreta, il vizio di omessa pronuncia” (Cass. Civ. Sez. V, 01/12/2021, n. 37834)

Per maggiori informazioni:

Marco Amorese

Emanuela Doria