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Rifiuti inquinanti e responsabilità della Curatela

Con una importante decisione del 30 giugno 2014, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha ribadito che non rientra tra le responsabilità della Curatela l’adempimento delle prescrizioni ingiunte con ordinanza sindacale e relative alla bonifica di siti sui quali il fallito ha versato rifiuti inqunanti per i quali la legge prevede la responsabilità solidale del proprietario dell’area.

Il caso prende le mosse da un’ordinanza sindacale nel quale il Comune di Pavia di Udine aveva ordinato alla Curatela di provvedere all’adempimento di una precedente ordinanza emessa dal Sindaco ai sensi dell’art. 192 D.lgs. 152/06 ed affronta una fattispecie purtroppo piuttosto frequente. Infatti, dati gli elevati costi di bonifica dei siti inquinati con l’abbandono di rifiuti, non è poi così raro che la municipalità, anzichè bonificare l’area affrontando i relativi costi ed addebitando le somme ai corresponsabili, si limiti ad emettere una ordinanza con la quale invita (o meglio, tenta di imporre) la Curatela a farsi parte attiva. D’altra parte, non infrequentemente capita che la Curatela non possa nemmeno pensare di affrontare le spese di bonifica per carenza di fondi.

La pronuncia appare importante, dal momento che, come noto, la mancata ottemperanza all’ordinanza sindacale ha rilievo penale ai sensi dell’art.255 D.Lgs. 152/05 secondo cui “chiunque non ottempera all’ordinanza del Sindaco, di cui all’articolo 192, comma 3, o non adempie all’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3, e’ punito con la pena dell’arresto fino ad un anno. Nella sentenza di condanna o nella sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione di quanto disposto nella ordinanza di cui all’articolo 192, comma 3, ovvero all’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 187, comma 3.“. E’ capitato, purtroppo, che, in modo forse un po’ distratto, fossero avviati procedimenti penali anche nei confronti del Curatore che non avesse provveduto all’adempimento dell’ordinanza sindacale.

Il decisum del Consiglio di stato appare dipanare alcune incertezze che possono discendere dall’articolata disciplina ambientale e, sottolineando come il fallimento abbia il mero effetto di spossessare dei beni ma non di privare il fallito della titolarità degli stessi, conclude che la Curatela non possa essere gravata da una responsaiblità che è, viceversa, prevista per il caso di successione nelle posizioni giuridiche della società. Ovviamente, sarà facoltà del giudice penale disapplicare il provvedimento illegittimo anche in assenza di un provvedimento del Tribunale amministrativo che annulli l’ordinanza sindacale.

Più complessa appare la situazione nel caso in cui sia stato autorizzato il provvisorio esercizio dell’attività. Infatti, in detta ipotesi, il Consiglio di stato pare affermare, seppur con un obiter dictum, la responsabilità del fallimento. Ne consegue, evidentemente, che la necessità di sopportare i costi di bonifica dovrà rientrare nell’attenta valutazione del Tribunale che autorizzi l’esercizio provvisorio dell’impresa, pena la possibilità di dovere affrontare ingenti spese di procedura con grave danno ai creditori.