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Introduzione dell’azione rappresentativa in Italia
Col D.Lgs n.28 del 10 marzo 2023, l’Italia recepisce la Direttiva (UE) 2020/1828, introducendo l’azione rappresentativa nel Codice di consumo. Viene definita come un’azione per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori, promossa da un’ente legittimato nei confronti di professionisti, e finalizzata ad ottenere un provvedimento inibitorio e/o compensativo. Sebbene il recepimento della direttiva fosse fissato entro il 25 dicembre 2022, pochi Stati membri l’hanno effettuato per ora. Ad esempio, la Francia è ancora in fase di proposta, sulla quale il Consiglio di Stato francese ha recentemente espresso il proprio parere (il 9 febbraio 2023).
La novità principale della direttiva, come parte del suo obiettivo di stabilire un mecanismo europeo armonizzato in materia di azioni collettive, è l’introduzione di azioni rappresentative transfrontaliere. Si tratta di “un’azione intentata da un’ente legittimato in uno Stato membro diverso da quello in cui l’ente legittimato stesso è stato designato”. Permette quindi ad enti di altri Stati membri di agire davanti all’autorità italiana e viceversa. Nel diritto italiano, gli enti legittimati a proporre siffatte azioni trasfrontaliere verranno elencati in una sezione speciale di cui all’articolo 137 del Codice del consumo. Potranno essere iscritti gli enti o le associazioni che soddasfano i requisiti enumerati dall’articolo 140 quinquies comma 2 dello stesso codice, tra cui: un’attività pubblica effettiva a tutela degli interessi dei consumatori, l’assenza di fine di lucro, il non essere assoggettati a procedure d’insolvenza, l’assenza d’influenza da parte di professionisti, la previsione della nomina di un’organo di controllo. Se ne fa richiesta, anche l’AGCM può essere legittimato ad esperire azioni rappresentative transfrontaliere.
In ogni caso, l’azione rappresentativa italiana, derivante dalla suddetta direttiva, pur avendo caratteristiche analoghe, non va confusa con la class action statunitense. Un notevole differenza dei due modelli è costituita dalla possibilità per il giudice statunitense di condannare, oltre al risarcimento, anche ai danni punitivi (punitive damages). La proposta di legge francese, dal canto suo, si trova all’incrocio tra il sistema americano e quello italiano, prefigurando una sanzione amministrativa nel caso in cui il resistente abbia deliberatamente commesso un’errore. Tale sanzione non equivale tuttavia ai danni punitivi, poichè le somme non vengono versate alla vittima, ma al Trésor Public. La direttiva stessa, nel considerando 10, non raccomanda il “risarcimento a carattere punitivo”, per “prevenire l’abuso del ricorso ad azioni rappresentative”.
Inoltre, la class action statunitense include automaticamente tutti gli appartenenti alla categoria rappresentata, che possono poi usare la loro facoltà di opt-out(ovvero di essere esclusi dalla classe). Invece, l’azione rappresentativa italiana (così come l’azione di gruppo francese) funziona col dispositivo opposto, di opt-in (cf. il rinvio al c.p.c effettuato dal D.Lgs). In altri termini, la partecipazione all’azione si basa sul volontario atto di adesione, in qualsiasi momento (sia prima che dopo la sentenza di accoglimento). Questa è, probabilmente, la ragione per cui la class action conosce un maggiore successo nel mondo americato: il consumatore francese o italiano infatti non viene considerato come componente della classe finché non aderisce. Per questo alcuni Stati europei preferiscono un sistema misto opt-in/opt-out o anche solo opt-out (com’è il caso in Portogallo).
L’introduzione nell’ordine giuridico italiano dell’azione rappresentativa per la tutela dei consumatori non abroga tuttavia la cosiddetta “azione di classe”, di portata più generale. Scoprine le principali differenze:
Le disposizioni del D.Lgs n.28 relative all’azione rappresentativa si applicheranno a decorrere dal 25 giugno 2023.
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Marco Amorese
Jeanne Deniau
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