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Trasposizione della Direttiva Omnibus: quale disciplina e sanzioni per i professionisti che offrono beni a prezzi ridotti sul mercato online italiano e francese?
Dopo avere subito una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, l’Italia, con il D.lgs. 7 marzo 2023 n. 26, ha finalmente recepito nel suo ordinamento la direttiva europea 2019/2161 sulla modernizzazione e il rafforzamento della protezione dei consumatori (di seguito “direttiva Omnibus”). Tale decreto introduce nel Codice del consumo l’articolo 17-bis che obbliga il professionista ad indicare un prezzo di riferimento negli annunci di riduzione di prezzo (c.d. sconti). La disposizione in esame si applica alle campagne promozionali pubblicate successivamente al 1° luglio 2023 (cioè, a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del D.lgs., come previsto dall’articolo 2 del decreto).
L’art. 17-bis recepisce l’articolo 2 della direttiva (che modifica l’articolo 6 bis della direttiva 98/6/CE), e demanda vari profili relativi all’attuazione dello stesso alla discrezione degli Stati membri. Appare pertanto opportuno per il professionista che offre i propri prodotti oltre i confini nazionali (fenomeno sempre più comune con il commercio online) prestare particolare attenzione alle scelte normative dei paesi membri dove offre i propri prodotti o servizi.
Un tema che si pone è se le regole in esame debbano essere applicate anche al commercio elettronico. Le disposizioni relative agli annunci di riduzione del prezzo modificano la direttiva 98/6/CE, che è anteriore alla direttiva 2000/31/CE relativa al commercio elettronico, e di qui sorge la domanda se la prima si applichi anche al commercio elettronico. A tale riguardo, il considerando (11) della direttiva sul commercio elettronico stabilisce che “la presente direttiva lascia impregiudicato il livello di tutela […] dei consumatori garantito dagli strumenti comunitari”. In particolare, esso afferma che la direttiva 98/6/CE (fra l’altro) forma parte dell’“acquisizione essenziale per la tutela del consumatore in materia contrattuale” e deve, pertanto, applicarsi anche al commercio online. Di conseguenza, in quanto parte della direttiva 98/6/CE, si deve ritenere che le disposizioni relative all’indicazione di un prezzo di riferimento si applichino anche alle vendite online.
Anche la Direttiva Omnibus, al considerando (29), raccomanda – con riferimento al commercio online – “la necessità di garantire un’elevata tutela dei consumatori”. Inoltre, ad eliminare ogni dubbio, vi è un ulteriore elemento letterale che si desume – a contrario – dal considerando (27) che precisa che, nel caso in cui il terzo che offre beni o servizi online non sia un professionista, il gestore della piattaforma online deve informare gli utenti dell’inapplicabilità dei diritti dei consumatori derivanti dal diritto dell’Unione. Ne segue che ogni qual volta la persona che vende i prodotti online sia un professionista, si deve applicare l’integrale set di tutele dei consumatori e, pertanto, anche di quelle relative all’indicazione del prezzo di riferimento.
In tal senso sembrano essersi orientati anche nell’ordinamento francese e, infatti, lo scorso 11 luglio la DGCCRF (l’Autorità che gode di competenza specifica in materia di diritti dei consumatori e controllo delle frodi) ha punito con la multa di 600.000€ il sito web di vendite private “showroomprivé” per aver esibito prezzi di riferimento ingannevoli.
Gli annunci di riduzione di prezzo vengono disciplinati in Francia e in Italia, rispettivamente, dall’articolo L112-1-1 del Codice francese del consumo (introdotto dall’ordonnance n. 2021-1734 del 22 dicembre 2021), e dall’articolo 17-bis del Codice italiano del consumo. Entrambe le disposizioni impongono al professionista, nel quadro di una campagna promozionale, di indicare il prezzo più basso applicato nei trenta giorni precedenti la riduzione. Diversamente dalla disciplina francese, tuttavia, l’articolo italiano 17-bis precisa che la norma vale anche in caso di “vendita straordinaria” (ad es. vendite di liquidazione, di fine stagione, ecc.). Il legislatore francese invece non prende in esplicita considerazione tale ipotesi come pure trascura l’ipotesi di prodotti messi in vendita da meno di trenta giorni, che viceversa viene regolato dal legislatore italiano: in tali casi, infatti, vanno indicati sia il periodo di tempo di riferimento che il prezzo più basso applicato in tale periodo.
Per quanto riguarda le riduzioni di prezzo che venissero progressivamente aumentate, ambedue gli ordinamenti hanno ripreso la possibilità data dalla Direttiva di lasciare come prezzo di riferimento il prezzo esposto nel primo annuncio. Non vi è la necessità di indicare la progressione delle riduzioni, come illustrato di seguito:
Nell’esempio di cui sopra, tecnicamente il prezzo più basso applicato negli ultimi trenta giorni è 10€. Tuttavia, è permesso lasciare 20€ come prezzo di riferimento.
L’articolo 17-bis del Codice italiano del consumo subordina però questa possibilità alla condizione che la seconda riduzione avvenga nel corso della medesima campagna, mentre l’articolo L112-1-1 del Codice francese del consumo fa soltanto riferimento a riduzioni effettuate “durante un determinato periodo”.
Si deve tuttavia prestare particolare attenzione alle eccezioni agli obblighi di indicazione del prezzo di riferimento. Infatti, l’articolo L112-1-1 del Codice francese del consumo non applica il suddetto obbligo ai prodotti deperibili che rischiano di deteriorarsi rapidamente. Il novero delle eccezioni sembra invece più ampio nella disciplina italiana, poiché esso include:
– i prodotti agricoli ed alimentari deperibili (comma 3);
– i cosiddetti “prezzi di lancio”, ossia prezzi che vengono successivamente aumentati (comma 4);
– le vendite sottocosto (comma 6).
In Italia, la violazione dell’articolo 17-bis comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 516€ a 3.098€ a seconda della natura, gravità, e durata della violazione. Ulteriori variabili considerate nella determinazione della sanzione sono il comportamento del professionista, (assumendo importanza sia eventuali azioni assunte per attenuare il danno subito dai consumatori che l’esistenza di precedenti violazioni), nonché i benefici conseguiti dalla violazione e l’esistenza o meno di sanzioni imposte al professionista in altri Stati membri.
Alcuni provvedimenti adottati dall’AGCM poco prima dell’entrata in vigore del nuovo articolo 17 bis del Codice di consumo sollevano dubbi circa la possibile sovrapposizione della novella legislativa con la disciplina più generale delle pratiche commerciali scorrette. Infatti, in due recenti casi (Conforama e Kasanova, entrambi oggetti di un provvedimento emesso il 17 gennaio 2023) l’AGCM ha analizzato la “manipolazione del prezzo di riferimento per il calcolo dello sconto e della reale entità dello sconto pratico” valutando se le stesse costituissero pratiche ingannevoli ai sensi dell’articolo 21 comma 1 lettera d). A norma di tale disposizione, rimasta invariata nonostante l’introduzione di una disciplina specifica per gli annunci di riduzione di prezzo, va considerata ingannevole qualsiasi pratica commerciale idonea ad indurre in errore il consumatore, contenente informazioni non rispondenti al vero relative al prezzo o al modo in cui è calcolato, oppure all’esistenza di uno specifico vantaggio. L’autonoma applicabilità della norma sulle pratiche ingannevoli ha un peso per quanto riguarda il profilo sanzionatorio. Ricordiamo infatti che tale condotta viene punita, ai sensi dell’articolo 27 commi 9 e 9 bis, con una sanzione pecuniaria che varia da 5.000 a 10.000.000€ (salvo il limite del 4% del fatturato annuo del professionista realizzato in Italia o negli Stati membri interessati dalla violazione). In tali casi, l’AGCM, pur analizzando le questioni sotto la lente della pratica ingannevole, giunge alla conclusione di accettare impegni tesi ad adottare comportamenti analoghi a quelli previsti dalla Direttiva Omnibus. Si pone quindi il problema di comprendere se vi possa essere una applicazione cumulativa delle sanzioni previste per la violazione delle norme di recente introduzione con quelle previste in via generale per le pratiche ingannevoli. Appare ragionevole ritenere che la soluzione andrà individuata mediante l’applicazione del principio di specialità e che pertanto sia applicabile unicamente la nuova – e meno grave – normativa in tutti i casi in cui vi sia una condotta che integra la fattispecie speciale. Ovviamente ciò presuppone un’analisi caso per caso della condotta sanzionata.
In Francia, l’assenza di una sanzione autonoma in relazione alla violazione della norma sul prezzo di riferimento di cui all’articolo L112-1-1 del Codice di consumo suggerisce che il mancato rispetto delle disposizioni sugli annunci di riduzione di prezzo sia punito utilizzando lo stesso apparato sanzionatorio previsto per le pratiche commerciali ingannevoli. L’articolo L121-2 comma 1, lettera c) definisce come ingannevole qualsiasi pratica commerciale basata su informazioni false o idonee a ingannare riguardanti il “prezzo o il metodo di calcolo del prezzo [e] la natura promozionale del prezzo, in particolare le riduzioni di prezzo ai sensi dell’articolo L112-1-1”. Ne deriva che un annuncio di riduzione del prezzo non conforme all’articolo L112-1-1 non è di per sé punibile, ma solo qualora costituisca anche pratica ingannevole. Occorre pertanto valutare caso per caso se l’assenza di prezzo di riferimento o l’indicazione di un prezzo di riferimento errato sia effettivamente in grado di alterare il comportamento economico del consumatore medio, che non avrebbe acquistato il prodotto se fosse stato correttamente informato. Una riduzione di prezzo non conforme all’articolo L112-1-1 ma che non integri una pratica commerciale ingannevole sfugge quindi a sanzione. Ciò fa sorgere dubbi sulla conformità dell’inquadramento francese con la Direttiva Omnibus, che richiede sanzioni “effettive, proporzionate e dissuasive”. Infatti, appare irragionevole e non conforme al principio di proporzionalità l’assenza di una più graduale scelta delle sanzioni. Riduzioni di prezzo non conformi che integrino una pratica commerciale ingannevole possono essere punite con 2 anni di reclusione e una multa di 300.000€ (aumentabile fino al 10% del fatturato medio annuo o al 50% delle spese sostenute per la realizzazione della pubblicità controversa – articolo L132-2 del Codice di consumo francese).
Sebbene problematica, quest’interpretazione è stata recentemente ribadita dalla DGCCRF nel caso “showroomprivé”, in cui l’indicazione di prezzi di riferimento ingannevoli (dando luogo a false promozioni) è stata punita ai sensi dell’articolo L121-2.
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Jeanne Deniau
Marco Amorese