|
L’amministratore del blog, complice della diffamazione online (sentenza n. 45680, Corte di Cassazione italiana,Sezione V penale, pubblicata il 1° dicembre 2022)
In una sentenza recentemente pubblicata, la Corte di Cassazione ha consolidato la propria giurisprudenza in materia di diffamazione online, e più particolarmente in tema di responsabilità dell’amministratore di un blog. Questo caso è l’occasione per riflettere sulla soluzione francese di fronte a fatti analoghi, disciplinati dalla legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa. Contrariamente al suo nome, siffatta legge non si limita alla stampa stricto sensu, ma comprende tutti i tipi di violazione della libertà di espressione, indipendentemente dal tipo di supporto (online o cartaceo) o dall’obiettivo (giornalistico o meno). Si applica quindi sia ai giornali cartacei che ai social come Facebook o TikTok. Al contrario, nonostante un nome quasi identico, la legge italiana sulla stampa (legge n. 47 dell’8 febbraio 1948) è destinata solo alla “stampa” quale mezzo di informazione al pubblico (che, come ha chiarito la sentenza di cassazione a sezioni unite n.31022 del 17 luglio 2015, può riguardare anche le testate online quando sono strutturate come veri e propri giornali tradizionali, con una propria organizzazione redazionale e un direttore responsabile) ed esclude pertanto i social, le newsletter e altri blog. Visto il suo carattere non giornalistico e salva l’ampia nozione della libertà di espressione del pensiero, il blog oggetto della sentenza non rientra pertanto nel campo di applicazione della legge italiana sulla stampa, rimanendo soggetto al diritto comune italiano.
Nella fattispecie, viene discussa la responsabilità dell’amministratore di un blog, che, una volta a conoscenza di una pubblicazione anonima diffamatoria sul proprio blog, non si è adoperato per rimuoverlo. In tale contesto, la Corte di cassazione italiana affronta due temi interessanti della responsabilità degli operatori di Internet: (1) la diffamazione online attraverso un blog è un’ipotesi di diffamazione aggravata? (2) A che titolo è responsabile l’amministratore del blog per i contenuti ospitati sul suo sito?
1-) Il blog è un “altro mezzo di pubblicità” ai sensi dell’art. 595 comma 3 c.p., e qualifica il reato di diffamazione aggravata?
Sia in diritto francese che in diritto italiano il fatto che la diffamazione sia commessa con mezzi di espressione pubblici costituisce una causa di aumento della pena. Infatti, “l’offesa recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, viene punita dall’articolo 595 comma 3 del Codice penale italiano con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o con la multa superiore a 516 euro. In Francia, la diffamazione compiuta in luoghi pubblici, o con “qualsiasi altro mezzo di comunicazione al pubblico con mezzi elettronici” (articolo 23 della legge del 1881) costituisce addirittura altro reato aggravato punito con la multa fino a 12.000 euro (articolo 32 della legge del 1881).
Per sua natura, il blog ha la capacità di raggiungere instantaneamente un pubblico indeterminato. Per questo motivo la Corte di cassazione italiana ribadisce la sua costante giurisprudenza secondo la quale i contenuti racchiusi in strumenti online (blog, social, newsletter, forum, ecc.) vanno considerati come “qualsiasi altro mezzo di pubblicità” ai sensi dell’articolo 595 comma 3 del Codice penale. Diverso appare l’approccio dei i giudici francesi, che anziché concentrarsi sulla natura dello strumento utilizzano la nozione di “comunità d’interessi” come bussola per determinare se la diffamazione sia stata rivolta al pubblico o meno. In sostanza, è privata la diffamazione accessibile solo ad un gruppo di persone che condividono interessi omogenei (ad esempio, un gruppo privato di Facebook con un numero limitato di utenti). Invece, “la diffusione (…) su Internet, ad un numero illimitato di persone non legate da una comunità d’interessi, costituisce un atto di pubblicità” (Corte di cassazione francese, Sezione penale, 16 ottobre 2001, n. 00-85.728). L’approccio dei giudici francesi appare teso a tutelare maggiormente la libertà di espressione in quei contesti che sono connotati da una similiarità di linguaggio o da una maggiore capacità di discernimento critico. Viceversa, laddove l’insulto, come nel caso di specie, sia pubblicato su un blog aperto a tutti gli utenti anche in diritto francese costituisce un reato aggravato proprio in virtù della sua capacità di diffusione.
Sebbene sfavorevole agli amministratori di blog (soprattutto perché non godono delle garanzie riservate alla stampa), questa soluzione permette alla vittima di ovviare all’ostacolo che può derivare dall’eventuale anonimato degli utenti. Una pubblicazione non facilmente riferibile ad un individuo impedisce infatti di identificare l’autore della pubblicazione diffamatoria. Tuttavia, individuare una resposabilità in capo al provider o al gestore del blog consente alla vittima diavviare un’azione a tutela della propria reputazione. Peraltro, il problema dell’anonimato è molto complesso in quanto, in risposta alla sentenza French Data Network emessa dalla CGUE (sentenza del 6 ottobre 2020, C-511/18), la legge francese (n.2021-998 del 30 luglio 2021) limita ormai l’accesso ai dati identificativi degli utenti online solo ai casi penali più gravi.
2-) Può essere affermata la responsabilità di un blogger che non rimuove dal proprio blog un contenuto diffamatorio, sebbene non sia l’autore di siffatto contenuto?
Nel diritto italiano, il direttore di un periodico che, omettendo di esercitare un controllo sui contenuti pubblicati, consente la commissione di un reato, è punito, a titolo di colpa, “con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo” (articolo 57 del Codice penale italiano). Nella sentenza in esame, la Corte di Cassazione ricorda, tuttavia, che l’amministratore di un blog non è equiparabile al direttore di un mezzo di stampa ai sensi dell’articolo 57 c.p., in quanto tale disposizione si applica solo alle testate giornalistiche telematiche. L’articolo 57 c.p. è simile a ciò che nel diritto francese è noto come “responsabilità a cascata” (responsabilité en cascade), cioè un meccanismo specifico per i reati di stampa. In particolare, ai sensi dell’articolo 42 della legge francese sulla libertà di stampa, il direttore editoriale viene “punito come autore principale con le pene [previste] per i reati commessi attraverso la stampa”. Ma, al pari dei giudici italiani, la giurisprudenza francese ha escluso l’applicazione di tale disposizione ai mezzi di comunicazione online, in quanto l’amministratore di un blog non ha l’obbligo di “verificare la fondatezza delle informazioni che riprodu[ce]” (Tribunal de grande instance di Parigi, 17a Sezione, sentenza del 17 marzo 2006, confermata in appello).
In mancanza di aggiornamento del quadro normativo al mondo online, la Corte di Cassazione italiana ritiene che la diffamazione sia ascrivibile all’amministratore di un blog in base alle comuni regole del concorso nel reato (articolo 110 del Codice penale italiano), e soggiace quindi alla pena stabilita per siffatto reato (l’articolo 121-6 del Codice penale francese prevede lo stesso dispositivo). Tuttavia, il mero ruolo di amministratore di un forum o di un blog non determina automaticamente il concorso nel reato conseguente ai messaggi su esso pubblicati. La Corte italiana ricorda che devono sussistere elementi che denotino la compartecipazione dell’amministratore all’attività diffamatoria. Occorre a tal fine che, una volta venuto a conoscenza del contenuto diffamatorio del commento, l’amministratore del blog non abbia provveduto tempestivamente alla sua rimozione, ovvero non si sia attivato per informare l’autorità competente ad oscurarlo.
In Francia, la legge HADOPI (legge n. 2009-669 del 12 giugno 2009) ha inserito un’ultimo paragrafo nell’articolo 93-3 della legge del 29 luglio 1982, che disciplina precisamente il caso in esame. Anche se non a titolo di concorso, la soluzione è simile a quella scelta dalla Corte di Cassazione italiana: l’editore del blog o del sito web può essere ritenuto responsabile solo se era a conoscenza della natura illecita della pubblicazione e non ha agito “tempestivamente per rimuovere il messaggio“.
In conclusione, seppure le soluzioni adottate siano in gran parte simili, il legislatore francese è intervenuto in modo sistematico per colmare alcune incertezze giuridiche emerse con lo sviluppo della stampa online e dei social media (in particolare con la legge HADOPI). Un intervento analogo del legislatore sembra opportuno anche in Italia Un rafforzamento della responsabilità delle piattaforme digitali è comunque previsto con il nuovo regolamento europeo sui servizi digitali (noto come “DSA”, Digital Services Act, che entrerà in vigore nel febbraio 2024).
Per saperne di più, non esitare a contattarci al seguente indirizzo email: [email protected].
Marco Amorese
Jeanne Deniau