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Quantificazione del danno. Il criterio dello “stato passivo” è solo residuale.

La Corte di Cassazione, con una sentenza emessa ai primi di gennaio (Cass. Civ. 3 gennaio 2017, n. 38) ha ribadito il principio secondo cui nelle azioni di responsabilità promosse dal curatore fallimentare il ricorso al criterio di quantificazione che fa riferimento alla differenza tra l’attivo e lo stato passivo accertato è solo residuale.

La corte ha infatti ribadito che tale criterio è un riferimento cui il giudice può ricorrere solo nei casi in cui voglia quantificare equitativamente il danno. L’attore, tuttavia, anche quando non abbia rinvenuto la contabilità sociale, deve allegare elementi da cui desumere l’inadempimento colpevole dell’amministratore della società fallita e la plausibilità dell’attribuzione del danno, nella misura così equitativamente determinata.