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Negli Stati Uniti, i membri dell’industria dell’intrattenimento sono in sciopero da alcune settimane e l’intelligenza artificiale (IA) è al centro delle loro preoccupazioni. Infatti, ora che l’IA è in grado di scrivere sceneggiature e di creare video altamente realistici, attori e professionisti del mondo del cinema e della TV temono di essere sostituiti.

Dal punto di vista legale, può un’IA effettivamente creare opere intellettuali meritevoli della tutela del diritto d’autore? Al momento, sia l’ordinamento giuridico statunitense che quello italiano sono contrari al riconoscimento di questa tutela, ritenendo da una parte che un autore sia necessariamente un essere umano (A) e, dall’altra, che la tutela autorale si applichi solo alle opere create con un sufficiente contributo umano (B).

A-) In quanto persona non umana, un’IA non può essere autore ai sensi del codice della proprietà intellettuale

Innanzitutto, ci si deve chiedere se un’IA possa essere giuridicamente considerata come “autore”. Ai sensi dell’articolo 1 della legge italiana sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941, n. 633), la tutela viene garantita alle «opere dell’ingegno di carattere creativo […] qualunque ne sia il modo o la forma di espressione». Il criterio principale risiede quindi nel carattere creativo, che, come stabilito dalla giurisprudenza italiana, «non coincide con quello di […] originalità e novità assoluta, ma si riferisce per converso alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate nell’articolo 1» (per un esempio recente: Corte di Cassazione italiana, 16 gennaio 2023, n. 1107). Può quindi anche trattarsi di «idee e nozioni semplici», purché «l’opera rifletta la personalità del suo autore, manifestando le sue scelte libere e creative». Tale interpretazione è in linea col diritto dell’UE, in virtù del quale un’opera originale esiste «se è il risultato di una creazione intellettuale dell’autore [che] rispecchia la [sua] personalità» (Considerando n. 17 delle direttive 93/98 e 2006/115). Eppure, il concetto di personalità sembra riferirsi solo alle persone umane. A questo proposito, il Parlamento europeo, nella sua Risoluzione del 20 ottobre 2020 sui diritti di proprietà intellettuale per lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale, ha sottolineato che, riferendosi alla personalità dell’autore, il concetto stesso di «creazione intellettuale» è legato ad una persona fisica, il che esclude, di conseguenza, la tecnologia AI.

Analogamente, la legge statunitense sul diritto d’autore tutela «le opere d’autore originali fissate su qualsiasi mezzo tangibile di espressione» (articolo 102, lettera a). Anche in questo caso, come ricorda L’Ufficio statunitense per il diritto d’autore (“United States Copyright Office”, di seguito “USCO”) nelle proprie linee guida, è ben stabilito che il diritto d’autore tutela esclusivamente il frutto della creatività umana. In effetti, la Corte Suprema si riferisce spesso all’autore come una “persona” oppure un “uomo” (si vedano ad esempio i §56 e 58 della sentenza Burrow-Giles v. Sarony, 1884). Ciò rende impossibile per una scimmia registrare un diritto autorale (si veda il caso di alto profilo Naruto). Se persino una scimmia è priva di umanità ai sensi della legge statunitense sul diritto autorale, ci si può immaginare che lo stesso valga per i robot e l’IA. 

Ciò non significa però che gli strumenti tecnologici non possano far parte del processo creativo. La fotografia è l’esempio più evidente: sebbene abbia usato una macchina fotografica per scattare la foto o addirittura Photoshop per modificarla, il fotografo rimane l’autore di tale opera, purché rappresenti le proprie «concezioni intellettuali originali» (Burrow-Gils v. Sarony, §58). Lo stesso vale nel quadro dell’UE: le fotografie fruiscono della protezione del diritto d’autore a patto di essere originali, cioè una «creazione intellettuale dell’autore» (cfr. articolo 6 delle Direttive 93/98 e 2006/116). Pertanto, come sottolineato dall’USCO, ciò che importa è «la misura in cui l’uomo ha avuto il controllo creativo sull’espressione dell’opera».

B-) L’opera deve contenere un sufficiente contributo umano per essere tutelata dal diritto d’autore

Il Parlamento europeo insiste sulla «differenza tra le creazioni umane ottenute con l’assistenza dell’IA [che potrebbero essere protette dal diritto d’autore] e quelle generate autonomamente dall’IA», non ancora protette.

Per determinare se una creazione umana assistita dall’IA è tutelabile dal diritto d’autore, l’USCO raccomanda un esame fattuale nel quale si valuta se gli «elementi tradizionali di paternità dell’opera» sono concepiti e realizzati da una macchina o da un essere umano. Da un lato, l’Ufficio statunitense non registrerà le opere generate senza o senza sufficiente apporto umano; mentre dall’altro, è tutelabile l’opera contenente materiale generato da un’IA con un sufficiente grado di paternità umana. Tuttavia, in quest’ultimo caso, come risulta da una lettura combinata dell’articolo 103, lettera b) della legge statunitense sul Copyright e della recente sentenza Zarya of the Dawn (21 febbraio 2023), vengono tutelati solo gli aspetti dell’opera creati dall’uomo, e non il materiale generato dall’IA in sé. Nel caso Zarya, si trattava di un fumetto che combinava testi scritti dalla signora Kashtanova (persona fisica) con immagini generate dal servizio di intelligenza artificiale Midjourney. Il certificato di copyright rilasciato dall’USCO è quindi limitato agli elementi materiali creati dall’autrice, non essendo tutelate le immagini generate da Midjourney. Analogamente, la Corte di cassazione italiana, nel recente caso relativo alla rappresentazione di un fiore elaborato grazie ad un software (16 gennaio 2023, n. 1107, civ., Sez. I), ha raccomandato uno «scrutinio maggiormente rigoroso» del tasso di creatività quando il processo creativo comprende l’utilizzo di tali strumenti. In tal caso, i giudici devono «verificare se e in che misura l’utilizzo dello strumento [abbia] assorbito l’elaborazione creativa dell’artista». Se il giudice ritiene prevalente l’apporto umano rispetto a quello tecnologico, non vi è ragione per non riconoscere tutela autoriale alla persona che abbia utilizzato tale strumento. Tuttavia, a differenza degli Stati Uniti, la giurisprudenza italiana sembra concedere la protezione all’opera nel suo complesso, senza distinguere le parti attribuibili all’autore e quelle create dall’IA.

Facciamo un esempio concreto: sulla base dei dati raccolti (che possono includere libri, pagine web, ecc.), ChatGPT produce un’opera complessa per eseguire i comandi scritti dall’utente (“prompt”). È tutelabile il risultato, ossia il materiale generato a partire dal prompt? Nonostante il prompt sia inserito da un essere umano, l’USCO ritiene che gli elementi tradizionali della paternità siano determinati ed eseguiti dalla tecnologia (in questo caso ChatGPT) e non dall’utente umano. Pertanto, il risultato non viene tutelato dal diritto d’autore.

In ogni caso, il diritto d’autore è stato concepito per proteggere i diritti patrimoniali dell’autore (che gli consentono di percepire compensi per l’uso della sua opera), nonché i diritti morali (a tutela dell’integrità dell’opera e della reputazione del suo autore, compreso, ad esempio, il diritto di rimanere anonimo). In quanto essere non umano, si potrebbe pensare che un’IA non abbia effettivamente bisogno di tale protezione, poiché non dovrà affrontare problemi economici né morali. Tuttavia, questa soluzione finora adottata potrebbe comportare ripercussioni negative sulla creatività, l’innovazione e lo sviluppo di nuove tecnologie: chi sarebbe disposto a investire in tecnologie IA se il lavoro che generano non può essere tutelato? Invece, se protetto, chi sarà il titolare del diritto d’autore? Rimangono aperti molti interrogativi.

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Domenico Trapani

Jeanne Deniau

Marco Amorese