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Il 20 aprile 2023 la CGUE ha emesso una sentenza con la quale ha preso posizione sul valore probatorio delle decisioni delle autorità nazionali della concorrenza nelle azioni civili (con particolare riferimento al risarcimento del danno ed alla dichiarazione di nullità di un contratto per violazione della normativa sulla concorrenza). La Corte ha colto, altresì, l’occasione per confermare sostanzialmente la giurisprudenza Volvo (C-267/20) sull’ambito di applicazione temporale della direttiva 2014/104 (di seguito “Direttiva Danni”).

Tra il 1987 e il 2009, il gestore di una stazione di servizio spagnola ha stipulato vari contratti di fornitura in esclusiva di carburante con Repsol, multinazionale petrolifera. Con decisione del 2001, Repsol è stata condannata dal Tribunale spagnolo per aver fissato, nell’ambito dei suoi rapporti contrattuali con alcune stazioni di servizio spagnole, i prezzi di vendita al pubblico dei carburanti. Successivamente, nel 2009, la Commissione nazionale spagnola per la concorrenza ha adottato una decisione con la quale ha sanzionato alcune società di raffinazione, tra cui la Repsol. Entrambe le decisioni sono state confermate dalla Corte Suprema spagnola rispettivamente nel 2010 e nel 2015.

In tali circostanze, il gestore della stazione di servizio ha presentato un’azione per far dichiarare la nullità dei contratti stipulati con Repsol (B) e per ottenere il risarcimento dei danni asseritamente causati da tali contratti (A). Il giudice del rinvio, il Tribunale commerciale di Madrid, ha sottoposto alla CGUE due questioni pregiudiziali relative a:

           – gli effetti delle decisioni emesse dalle autorità nazionali garanti della concorrenza per quanto riguarda                   l’onere della prova in una successiva azione civile

           – la portata della nullità dei contratti per violazione dell’articolo 101 TFUE.

A-) Azione per il risarcimento dei danni: va provata una violazione già accertata da un’autorità nazionale garante della concorrenza?

La questione degli effetti della decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza ai fini di un’azione di risarcimento danni è ormai regolata espressamente dall’articolo 9 paragrafo 1 della Direttiva Danni. Occorre pertanto, in via preliminare, stabilire se tale disposizione sia applicabile alla fattispecie (1). In caso contrario, bisogna domandarsi quale sia il valore probatorio di tale decisione nell’ambito civile? (2)

1-) La presunzione assoluta dell’articolo 9(1): le questioni poste dall’applicabilità temporale della Direttiva Danni

Come il suo nome suggerisce, un’azione di risarcimento danni rientra nell’ambito di applicazione materiale della Direttiva Danni. Per quanto riguarda l’applicabilità temporale delle disposizioni della direttiva, va ricordato che mentre le disposizioni sostanziali non si applicano retroattivamente (cioè sono inapplicabili alle situazioni chi si sono consolidate prima del termine di recepimento), le disposizioni meramente procedurali si applicano in via generale alle azioni proposte dopo l’entrata in vigore. Ciò è previsto dall’articolo 22 della Direttiva Danni, il cui ambito operativo è già stato affrontato dalla sentenza Volvo e DAF Trucks (per un commento dettagliato, si veda il nostro articolo).

Nel caso in esame, la Corte si è posta  la questione dell’applicabilità dell’articolo 9 paragrafo 1, che stabilisce una presunzione assoluta in virtù della quale una violazione del diritto della concorrenza accertata in via definitiva da un’autorità nazionale garante della concorrenza deve ritenersi “definitivamente accertata ai fini dell’azione per il risarcimento del danno“. In altre parole, la vittima non deve provare davanti al giudice civile le prove sull’esistenza del cartello già fornite nell’ambito del fascicolo amministrativo esaminato dall’autorità di concorrenza. Molto più di una semplice inversione dell’onere della prova, l’articolo 9 paragrafo 1 consente di stabilire in modo inconfutabile l’esistenza della violazione, che è uno degli elementi costitutivi necessari della responsabilità civile. Da tali caratteristiche, la Corte desume che l’articolo 9 debba essere classificato come norma sostanziale.

Di conseguenza, esso non può applicarsi a situazioni consolidatesi prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva, ossia prima del 27 dicembre 2016. Dato che le decisioni delle autorità spagnole garanti della concorrenza relative alle violazioni controverse sono state definitivamente confermate dalla Corte Suprema nazionale nel 2010 e nel 2015, la CGUE afferma che la situazione si sia consolidata prima del termine di recepimento. Pertanto, la presunzione prevista dal’articolo 9 paragrafo 1 non è applicabile ratione temporis.

2-) Il principio di effettività: inversione dell’onere della prova a favore della vittima anche nel caso di inapplicabilità della Direttiva Danni

Nell’impossibilità di applicare l’art. 9 par. 1 Direttiva Danni, la sentenza deve basarsi sul diritto vigente prima della direttiva, ossia sull’articolo 101 TFUE come attuato dall’articolo 2 del Regolamento n. 1/2003. Ai sensi dell’articolo 2, l’onere di provare una violazione dell’articolo 101 paragrafo 1 o 102 del TFUE incombe sulla parte che lo fa valere. Tuttavia, il regolamento non precisa gli effetti di un accertamento delle autorità nazionali garanti della concorrenza nel contesto di un’azione civile per danni. Come sottolineato dall’Avvocato Generale Pitruzzella, l’esercizio del diritto al risarcimento per violazione del diritto della concorrenza dell’UE “risulterebbe eccessivamente difficile ove alle [decisioni definitive] di un’autorità garante della concorrenza non venisse attribuito alcun effetto nel procedimento civile di risarcimento del danno“. Per porvi rimedio, la Corte utilizza il principio di effettività per arrivare ad affermare che la violazione constatata in una decisione definitiva debba considerarsi accertata ai fini dell’azione civile in via presuntiva, determinando quindi l’inversione dell’onere probatorio.

A differenza della presunzione posta dall’articolo 9 paragrafo 1 della Direttiva Danni, questa è solo relativa dal momento che ammette la prova contraria. Inoltre, la CGUE spiega che tale presunzione è valida solo quando la natura e la portata materiale, personale, temporale e territoriale dell’asserita violazione oggetto dell’azione civile coincidono con quelle della violazione constatata nella decisione definitiva dell’autorità garante della concorrenza. Spetta quindi al giudice nazionale verificare se il ricorrente abbia dimostrato che la sua situazione rientra nell’ambito di applicazione della decisione dell’autorità garante della concorrenza di cui vuole valersi. In caso contrario, tale decisione non è irrilevante, ma costituisce solo “un’indizio dell’esistenza dei fatti a cui si riferiscono”.

B-) L’azione di nullità ai sensi dell’articolo 101 TFUE ed i suoi effetti

Mentre i principali orientamenti della giurisprudenza riguardano azioni di risarcimento danni, il valore di una decisione emessa da un’autorità garante della concorrenza presentava incertezze ancora maggiori nel contesto di un’azione di nullità. La presente sentenza ha il merito di risolvere tali dubbi.

La Direttiva Danni – il cui ambito oggettivo è limitato alle azioni di risarcimento – non può essere invocata per altri tipi di azioni come – per esempio – l’azione di nullità in questione nel caso di specie. Pertanto, la presunzione assoluta di cui all’articolo 9 paragrafo 1 non è applicabile ratione materiae. Tuttavia, la presunzione relativa derivante dal principio di effettività è, secondo la CGUE, trasferibile alle azioni di nullità promosse ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

La Corte si chiede poi se siffatta azione determina la nullità dell’intero contratto o solo delle disposizioni che violano l’articolo 101 TFUE. La risposta è di fondamentale importanza dato che, in quanto automatica ed assoluta, la nullità prevista dall’articolo 101 paragrafo 2 del TFUE impedisce l’opponibilità ai terzi del contratto nonché qualsiasi effetto “nei rapporti tra i contraenti”. I giudici europei optano per la seconda opzione ed affermano che la nullità di pieno diritto è applicabile solamente alle “clausole contrattuali incompatibili con l’articolo 101 paragrafo 1 TFUE”. ’Con riferimento alle parti del contratto non incise dalla nullità, la CGUE lascia ai giudici nazionali il compito di valutare le conseguenze, ricordando loro però che “l’insieme dell’accordo è nullo solo se [i propri] elementi non sono scindibili dall’accordo stesso”.

C-)Commento

1-) La distinzione tra azioni “stand-alone” e “follow-on

Anche se non viene menzionato dalla Corte, l’Avvocato Generale esprime dubbi, nelle sue osservazioni preliminari, sulla classificazione delle azioni civili controverse effettuata dal giudice del rinvio. Infatti, secondo il giudice spagnolo, la domanda di nullità è intrinsecamente connessa al risarcimento dei danni, tanto da rendere “stand-alone” l’intera azione“”. Tuttavia, l’Avvocato Generale sottolinea che la distinzione tra “stand-alone” e “follow-on” non si basa sullo scopo dell’azione (nullità o risarcimento del danno), bensì sull’esistenza o meno di un previo accertamento della violazione da un’autorità garante della concorrenza. Un’azione“stand-alone” consiste in ’un procedimento (di nullità o di risarcimento danni) avviata in modo autonomo, senza che sia stata preliminarmente adottata una decisione da un’autorità garante della concorrenza. Viceversa,  un’azione “follow-on” segue e si fonda su detta decisione. Tali chiarimenti sono cruciali in quanto hanno ripercussioni sulla necessità o meno di prendere in considerazione la decisione dell’autorità garante della concorrenza.

2-) Le violazioni coperte dall’articolo 9(1) Direttiva Danni.

In mancanza di giurisprudenza sull’interpretazione da dare all’articolo 9 paragrafo 1 della Direttiva Danni, ci si può chiedere se essa presuppone una sovrapposizione totale tra le violazioni accertate e quelle fatte valere. Sebbene l’articolo 9 paragrafo 1 non lo indichi chiaramente, sarebbe opportuno rispondere positivamente. Al riguardo, l’Avvocato Generale afferma al punto 59 delle proprie conclusioni che tale articolo si applica solo “ove la violazione accertata nella decisione dell’autorità nazionale e quella che ha asseritamente causato il danno di cui è chiesto il risarcimento nell’ambito dell’azione civile coincidano”. Di conseguenza, a prescindere dal fatto che l’articolo 9 paragrafo 1 sia applicabile o meno, il valore probatorio (relativo o assoluto) riconosciuto ad una decisione dell’autorità garante della concorrenza riguarda solo le azioni civili relative alla medesima violazione constatata da tale autorità, cioè che riguardi lo stesso ambito materiale, personale, temporale e territoriale.

3-) Ambito temporale della Direttiva Danni

Infine, è interessante notare che, pur giungendo alla stessa conclusione, l’Avvocato Generale e la CGUE analizzano ’l’applicabilità temporale della Direttiva Danni da una prospettiva diversa, dimostrando che la sentenza Volvo non era stata sufficientemente chiara. Mentre la Corte prende in considerazione la data in cui le decisioni emesse dall’autorità nazionale sono diventate definitive (2010 e 2015), l’Avvocato Generale Pitruzzella ragiona facendo riferimento alla data di integrazione degli elementi costitutivi del diritto al risarcimento. Nel caso di specie, egli prende quindi come punto di riferimento la data di scadenza dei contratti controversi (cioè il 2014, poiché l’ultimo contratto è stato firmato nel 2009 con una durata di 5 anni). Nel caso in esame l’esito rimane lo stesso (inapplicabilità ratione temporis), ma la soluzione della Corte è in sostanza molto più favorevole al ricorrente. Infatti, seguendo quest’orientamento, la Direttiva Danni potrebbe applicarsi a violazioni avvenute prima del 17 dicembre 2016, ma che hanno dato luogo ad una decisione di un’autorità garante della concorrenza divenuta definitiva solo dopo questa data.

Confrontando le sentenze Repsol e Volvo, i cui fatti sono simili, risulta difficile capire compiutamente la posizione della Corte in merito all’effettivo discrimine temporale da applicare. In entrambi i casi si trattava di una presunzione stabilita dalla Direttiva Danni: da un lato, nella causa Repsol, si trattava dell’articolo 9 paragrafo 1 che – come detto – stabilisce una presunzione assoluta  circa la sussistenza della violazione constatata nella decisione definitiva di un’autorità nazionale garante della concorrenza; dall’altro, nel caso Volvo, si trattava dell’articolo 17 paragrafo 2 che stabilisce una presunzione relativa circa l’esistanza di un danno in caso di acertamento dell’esistenza di un cartello. Entrambe le disposizioni sono state qualificate come norme sostanziali, in quanto incidono sugli elementi costitutivi della responsabilità civile (anche se per l’articolo 17 paragrafo 2 oggetto del caso Volvo tale conclusione era meno ovvia visto il carattere relativo della presunzione). In entrambi i casi le violazioni sono state oggetto di decisioni emesse da autorità garanti della concorrenza (autorità nazionali per Repsol e la Commissione europea per Volvo e DAF Trucks). Tuttavia, in Volvo, i giudici europei hanno ritenuto che la direttiva fosse inapplicabile in quanto le violazioni all’origine del danno erano cessate prima del 17 dicembre 2016. In Repsol, l’Avvocato Generale segue quest’orientamento, mentre la CGUE fa leva sul fatto che la decisione dell’autorità garante della concorrenza è diventata definitiva prima di questa data. Probabilmente, la ragione di questa disarmonia risiede nella formulazione letterale delle disposizioni in questione: l’articolo 9 paragrafo 1 fa riferimento infatti ad “una violazione […] constatata da una decisione definitiva di un’autorità nazionale garante della concorrenza“, mentre l’articolo 17 paragrafo 2 menziona solamente “violazioni consistenti in cartelli“. Appare però necessaria un’analisi caso per caso di ciascuna disposizione della direttiva.

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Marco Amorese

Jeanne Deniau